Gli Eltif (acronimo di European Long Term Investment Fund) sono stati istituiti dall’Unione Europena nel 2015, ma solo negli ultimi mesi hanno visto la luce sul mercato italiano. Essi sono dei fondi “chiusi” che prevedono una fase di sottoscrizione detta anche “finestra di collocamento” e una scadenza predefinita che di norma varia tra i 7 e i 10 anni. Non è possibile quindi per l’investitore liquidare l’investimento prima della naturale scadenza. E’ tuttavia facoltà del fondo procedere a delle liquidazioni parziali prima della scadenza pattuita. Con l’istituzione degli Eltif, l’obiettivo dei regolatori è stato quello di far confluire liquidità alle PMI (Piccole e Medie Imprese) europee come fonte alternativa di finanziamento.
Caratteristiche
Il più importante requisito degli Eltif è che devono investire almeno il 70% del patrimonio del fondo in strumenti a lungo termine emessi da società quotate o non quotate con una capitalizzazione inferiore a 500 milioni di euro. Il rimanente 30% può essere investito in strumenti a breve termine. Esiste poi un limite massimo investibile in strumenti emessi dalla stessa società pari al 10% del patrimonio del fondo. L’importo minimo investibile è di 10.000 euro e qualora l’investitore abbia un patrimonio finanziario inferiore a 500.000 euro, non può investire in Eltif più del 10%. Qualora l’Eltif ricada anche nella categoria dei PIR Alternativi, gode anche del vantaggio fiscale dell’esenzione dalle imposte sulle plusvalenze e delle tasse di successione. Anche dagli incentivi fiscali si nota la volontà politica di incanalare le risorse finanziare degli investitori privati nell’economia reale.
Perché investire in Eltif?
Gli Eltif danno la possibilità anche agli investitori privati di avere accesso, anche con poche migliaia di euro, ad investimenti che precedentemente erano prerogativa solo dei clienti professionali ed istituzionali. Con durate dei fondi che vanno dai 7 ai 10 anni, sono utili da inserire in portafoglio perchè i rendimenti di lungo termine dei mercati privati sono di solito molto attraenti e decorrelati dall’andamento dei mercati finanziari. Il vincolo della lunga durata, con l’impossibilità di riscattare le quote prima della scadenza, se da un lato può rappresentare un limite, dall’altro impedisce all’investitore di fare scelte irrazionali liquidando il fondo prima dell’orizzonte temporale inizialmente concordato, magari in preda al panico per l’andamento dei mercati finanziari.
Quali strumenti prediligere nell’economia reale?
Gli Eltif danno accesso a 3 macro categorie di investimento:
Il “Private Equity” che consiste nell’investire nel capitale di aziende con business maturi, assumendosi i rischi propri dell’investimento azionario a fronte di attese di rendimento mediamente del 10/15% annuo
Il “Private Debt” dove sostanzialmente si finanzia l’azienda, diventando creditori, con attese di rendimento del 5/7%.
Il “Venture Capital” che, a differenza del private equity, investe nel capitale di aziende nella fase iniziale definita di start up, con rischi quindi più alti (spesso si investe su una idea di business non ancora validata sul mercato), ma anche con attese di rendimento più elevato (15/20% annuo).
Gli Eltif attualmente in fase di raccolta sono solo una decina. Assume quindi particolare importanza la selezione del fondo in cui investire. Come spiego nell’articolo, non avendo il fondo un andamento storico da valutare, assume particolare importanza una attenta due diligence sulla società di gestione e soprattutto del team che deciderà materialmente in quali aziende investire. A team di recente costituzione, sono senz’altro da preferire gruppi di professionisti con lunga esperienza e affiatamento: d’altronde stiamo scegliendo a chi affidare una parte dei nostri risparmi per i prossimi 7/10 anni.