Oltre il panico: come smettere di rincorrere i titoli dei giornali e tornare agli obiettivi

Ogni volta che i mercati tremano, la narrativa si ripete: titoli a caratteri cubitali, analisi dell’ultima ora, interviste a gestori che dispensano ricette per “contenere i danni”, “difendersi dal ribasso”, “navigare l’incertezza”. E come sempre, il messaggio di fondo è lo stesso: reagire, spostarsi, proteggersi. Subito.

Ma di fronte a questa ondata di consigli tecnici ed emotivamente coinvolgenti, mi chiedo: dov’è finito il pensiero di lungo termine?
Dove sono finite le riflessioni che mettono al centro la persona e i suoi obiettivi di vita, piuttosto che le oscillazioni settimanali dei mercati?

Sempre le stesse paure, sempre la stessa amnesia.

Oggi si parla di dazi, tensioni geopolitiche, instabilità delle borse. Ieri era il Covid. Prima ancora la crisi greca, Lehman Brothers, e prima ancora l’11 settembre e la bolla tech. E potrei continuare. Chi ha vissuto queste fasi sui mercati sa che il meccanismo si ripete ciclicamente. Eppure, ogni volta, sembra la prima.

Ci ricordiamo forse oggi delle paure che abbiamo avuto nel 2001, nel 2008 o nel 2020?

Abbiamo forse smesso di investire dopo quelle crisi?

La risposta è no.

I mercati hanno recuperato e hanno toccato nuovi massimi, consentendo larghi guadagni agli investitori di lungo termine. L’economia si è adattata, le crisi sono diventate curve di apprendimento.

Ed è proprio qui che emerge l’errore di fondo di chi ragiona sempre e solo sul breve termine: si dimentica che gli investimenti non sono creati per evitare la paura, ma per raggiungere traguardi.

Investire per obiettivi, non per reagire.

Un portafoglio ben costruito non nasce per rispondere alle notizie del giorno, ma per accompagnare un progetto di vita. Non è uno strumento di difesa, ma uno strumento di realizzazione.

Penso all’università dei figli, alla serenità della pensione, all’acquisto di una casa per i nipoti, alla voglia di invecchiare con dignità e autonomia.
Questi sono gli orizzonti temporali veri, quelli per cui vale la pena investire e pianificare. E sono anche gli unici che ci permettono di attraversare le fasi di volatilità con lucidità, metodo e coerenza.

Chi si muove in modo impulsivo, magari vendendo nei momenti di stress per “mettersi al sicuro”, spesso lo fa per ansia da prestazione, per timore di “non fare abbastanza”.
Ma spesso, in finanza, la cosa giusta da fare è …. non fare nulla.
O meglio, continuare a seguire la propria rotta, senza lasciarsi distrarre dal rumore di fondo.

Il ruolo del consulente finanziario: proteggere la visione.

In questi momenti, il vero valore del consulente emerge con forza.
Il nostro ruolo non è quello di improvvisarci gestori o strategist: quelli sono ruoli tecnici, ben coperti da chi fa quel mestiere e ha gli strumenti per farlo. Il nostro ruolo è quello di difendere la visione, di aiutare il cliente a non perdere il filo conduttore della propria strategia personale.

Siamo noi che conosciamo la sua storia, i suoi sogni, le sue tappe future.
Siamo noi che dobbiamo ricordargli, oggi più che mai, che il patrimonio non si gestisce a colpi di emergenze, ma si pianifica in modo strutturato, con metodo e prospettiva.

Lasciamo fare ai gestori il loro lavoro. Noi facciamo il nostro.

Chi prova a sostituirsi ai gestori, cercando di “anticipare” i movimenti di mercato, spesso lo fa per ansia e talvolta anche per presunzione.
Ma il lavoro del consulente non è battere il mercato (quello è il mestiere del gestore): è accompagnare le persone nella realizzazione dei loro progetti.

E questo significa soprattutto educare alla pazienza, alla disciplina, alla consapevolezza.

Il tempo è nostro alleato. Il panico, il nostro peggior nemico.

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