Le sfide imposte dal nuovo scenario economico-sociale richiedono al management aziendale lo sviluppo di competenze, visione prospettica, coraggio. Scopriamo il loro profilo.
L’imminente conclusione del periodo pandemico e il ritorno alla normalità ci lascia in eredità diverse considerazioni. In particolare, per ciò che concerne la managerialità, vi è una maggiore consapevolezza sul fatto che non si può essere impreparati.
Non di fronte all’estrema volatilità del mercato, la cui turbolenza rischia di travolgerci, o di fronte all’imprevedibilità degli eventi economici, finanziari o semplicemente alla trasformazione digitale, alla mutevolezza dei clienti e dei mercati.
Gli attuali e futuri manager sono e dovranno essere sempre più in grado di anticipare ciò che è il cambiamento e trasformare quest’ultimo da potenziale svantaggio a opportunità inaspettata. Molti miei colleghi, infatti, sono consci di questo e stanno lavorando sodo per sviluppare capacità e competenze necessarie per gestire le trasformazioni del proprio ruolo.
Anche io sono un manager e sto affrontando il cambiamento in atto. Mi pongo spesso delle domande sul come esserlo nel migliore dei modi, con la consapevolezza, però, di quanto fatto fino ad ora. È dunque importante capire su cosa porre l’attenzione per ottemperare alle sfide che ci attendono.
Pertanto, come essere un buon manager? Come affrontare questo ruolo? Si nasce o si diventa leader e manager?
Le dinamiche che generano iniziative di cambiamento implicano tre principali fattori:
- riqualifica e definizione di un “nuovo” ruolo da manager, imponendosi obiettivi strategici. Se, in questo nostro ruolo-compito, siamo efficienti, noi promuoviamo l’instaurarsi di una visione e un impegno comune in tutta l’organizzazione;
- facilitazione della presenza di ulteriori dirigenti e collaboratori che abbiano notevole iniziativa: persone continuamente alla ricerca di metodi e mezzi per apportare miglioramenti significativi alle attività di loro competenza. È grazie a questo approccio, applicato da lungimiranti professionisti, che si può arrivare ad idee di cambiamento da trasmettere anche al team di lavoro;
- proposizione come manager in grado di operare nel contesto strategico stabilito dal top management, che sappiano prendersi il rischio e che guidino e assistano i collaboratori nello svolgimento del loro lavoro.
A mio parere, inoltre, l’atteggiamento del management si dovrebbe esprimere in funzione di nuovi parametri valoriali:
- Un nuovo livello di onestà. Bisogna avere il coraggio di affrontare la realtà e comunicare onestamente. Onestà e franchezza sono fondamentali nelle organizzazioni che necessitano di prestazioni elevate;
- Un nuovo livello di coraggio. Nei cambiamenti organizzativi su grande scala ci si trova di fronte a molte decisioni difficili, occorre pertanto essere coraggiosi e saper prendere i rischi necessari per il cambiamento;
- Un nuovo rispetto per ogni forma di diversità e il rinnovato riconoscimento per la managerialità femminile. La forza lavoro sta cambiando: il numero di profili internazionali o donne che occupano brillantemente posizioni dirigenziali è cresciuto, ma sono ancora troppo pochi i dirigenti responsabili di gestire i cambiamenti che attingono dalla diversità di idee e da punti di vista rappresentati da questi individui per arricchire il processo di cambiamento. Cambiamento è anche creatività e allora cari colleghi serviamoci di tutti gli strumenti possibili per sviluppare una “tempesta” di nuove idee.
- Una nuova sensibilità verso gli stakeholder. Proprio come i mercati, i quali sono continuamente ridefiniti in segmenti sempre più piccoli e più specifici, anche il programma dei dirigenti dovrà segmentare gli stakeholder e riconoscerne gli interessi. Se non conosciamo le aspettative non possiamo capire come raggiungere l’obiettivo.
Non vi è un vero nuovo ruolo del manager se, quest’ultimo, non ha imparato a sviluppare le nuove soft e hard skill imposte dal Covid-19. Naturalmente talune sono imprescindibili, quali:
- le competenze individuali: controllo e gestione di sé stessi, pensiero logico e critico, gestione del proprio tempo, gestione delle incertezze e delle ambiguità, creatività, fiducia in sé stessi e assertività, comunicazione verbale e scritta, saper ascoltare, risoluzione dei problemi e capacità decisionale, auto sviluppo e apprendimento;
- la gestione delle relazioni: gestione delle prestazioni, capacità di intrattenere relazioni ad ampio raggio e ampliare il proprio networking, capacità di delegare, capacità di influenzare, gestire le difficoltà altrui, capacità di porre domande e ottenere risposte, capacità di motivare, capacità di lavorare in gruppo;
- l’acutezza nel business: profonda conoscenza del mercato, consapevolezze finanziaria e strategica, competenze statistiche ed analitiche, sensibilità politica, helicoptering (visione d’insieme)…
Il nuovo ruolo del manager
Una volta accertata la completezza e la presenza di queste competenze, posso immaginare il nuovo ruolo del manager come un insieme di tutti questi elementi:
- capacità direzionale: individua e ottiene l’appoggio e l’impegno dei principali leader all’interno dell’organizzazione in cui è in atto il cambiamento e la gestione ordinaria dell’azienda.
- vision: definisce un quadro chiaro ed essenziale del modo in cui l’organizzazione funzionerà e sarà strutturata dopo l’attuazione del cambiamento o durante la gestione ordinaria.
- capacità di giudizio: determina il tipo e l’entità delle conseguenze che saranno causate dal cambiamento nei vari settori aziendali; essere propositivi e prendere iniziativa per individuare e prepararsi ad affrontare le conseguenze anziché essere reattivi dopo che queste si sono verificate.
- competenze specifiche: ricorre alle normali tecniche di ogni area/disciplina per fare progredire i cambiamenti e mettere in risalto i vantaggi ottenuti, per gestire le attività ordinarie aziendali.
- doti da mentore e motivatore: incoraggia il coinvolgimento attivo di tutte le persone influenzate direttamente o indirettamente dal cambiamento o preposte alla gestione ordinaria dell’azienda affinché lo sentano come cosa propria.
- doti comunicative: avvia uno scambio regolare di informazioni accurate sui cambiamenti e la gestione ordinaria aziendale, in modo aperto e propositivo.
- capacità di coaching: insegna i concetti e le specializzazioni occorrenti per attuare il cambiamento o per gestire le attività ordinarie dell’azienda e massimizzare il rendimento dopo la sua attuazione, ciò anche attraverso il supporto di consulenti esterni.
- integrazione: coordina le molteplici attività e iniziative che probabilmente dovranno essere intraprese dai quadri, impiegati, operai e/o consulenti per sostenere i cambiamenti e le attività ordinarie dell’azienda … nel contesto di ogni progetto importante.
- sostegno: deve rafforzare le infrastrutture necessarie per sostenere i cambiamenti e la gestione ordinaria dell’azienda che si dovranno realizzare.
- transizione: prepara tutto per assicurare il cambiamento senza scosse dalle condizioni ambientali, socio-economiche attuali, avendo ben in mente quello a cui si vuole arrivare.
In assenza di quanto sopra descritto, la prima delle minacce in cui si può incappare è quella dello scioglimento del team a cui fa capo il manager.
Secondo alcuni sondaggi e ricerche effettuati da Gallup, infatti, il 50% dei collaboratori ha cambiato lavoro, ad un certo punto della carriera, a causa della cattiva gestione del manager di riferimento, e il 70% dei motivi per cui il coinvolgimento dei collaboratori subisce variazioni è da imputare ai dirigenti aziendali. Lo stesso accade nel settore dell’investment.
Questo scenario è dovuto in parte al fatto che non tutti hanno doti manageriali, anzi sembra che solo una persona su dieci abbia le soft skills necessarie all’attività di management; e in parte perché, sempre secondo i dati di Gallup, le aziende sbagliano l’82% delle volte nello scegliere chi deve ricoprire il ruolo di manager.
La questione di come dev’essere un buon manager, un responsabile capace di valorizzare le risorse dell’azienda è così importante che anche Google, una delle aziende più attente ai temi del management e della gestione delle proprie risorse umane ha portato avanti una ricerca apposita dal nome “Project Oxygen”.
Ebbene, il manager perfetto deve essere prima di tutto un bravo insegnante: deve cioè sfruttare ogni occasione per spiegare qualcosa di nuovo ai suoi sottoposti e trovare insieme a loro le soluzioni giuste per ogni problema. Poi deve essere in grado di responsabilizzare il suo team: controlli, punizioni sanzioni e severità non portano da nessuna parte. Molto meglio concedere spazi e libertà e dare fiducia. E quando gli altri raggiungono obiettivi importanti occorre lodarli, mentre quando sono in difficoltà, bisogna supportarli e incoraggiarli, dando vita a confronti sinceri e produttivi.
Altrettanto essenziale è creare un ambiente sereno: se il clima al lavoro è buono, competitivo ma positivo, ogni dipendente darà il meglio di sé. Al contrario, se il clima è teso, ci sono scontri e frizioni, la comunicazione è scarsa, il lavoratore non renderà al massimo e la produttività ne risentirà. Per questo, è fondamentale curare anche l’aspetto comunicativo: i responsabili migliori sono quelli che ascoltano la loro squadra, condividono informazioni, pretendono e offrono trasparenza, favoriscono il dialogo. A fare la differenza è anche il metro di giudizio: il buon manager si basa sui risultati raggiunti e premia chi merita davvero, senza fare favoritismi basati su simpatie e amicizie.
Il processo di cambiamento in atto per identificare il nuovo ruolo del manager, così come ho provato a descrivere, è impegnativo, ma penso realistico ed allineato alle aspettative degli stakeholder che desiderano tutti prospettive di successo e creazione di valore nel lungo periodo. La posta in gioco è elevata, ci sono molti aspetti che richiedono un’incessante e risoluta attenzione.
Attuata in questo modo serio e inflessibile, la rappresentanza manageriale del nuovo ruolo del manager, è un’impresa difficile nell’attuale contesto, ma tutti noi sappiamo che il cambiamento, se visto come un progetto vitale per il paese, non può aspettare.