Il Bitcoin, da qualcuno definito l’oro del XXI secolo, sta facendo molto parlare sé.
Alcuni sostengono che nel mondo post-pandemico il Bitcoin potrà perfino prendere il posto dell’oro come “bene rifugio” preferito dagli investitori per affrontare i periodi di incertezza.
Ma queste aspettative sono frutto di una sovrastima del Bitcoin o sono in linea con la realtà?
L’oro e il Bitcoin hanno molto in comune, ma è abbastanza da giustificare una tale affermazione?
Vediamo innanzitutto cosa li accomuna.
1) Entrambi esistono in una quantità limitata.
Ad oggi l’oro estratto, secondo il World Gold Council, è di poco inferiore a 200.000 tonnellate, 54.000 tonnellate si stima siano invece le riserve auree ancora estraibili. Se dovessimo continuare ad estrarre l’oro con la stessa intensità di oggi, tra 50 anni sarà finito.
La stessa logica si applica al Bitcoin. Satoshi Nakamoto, ideatore o presunto tale, ha promesso l’emissione di soli 21 milioni di Bitcoin. La ratio è quella di limitarne la crescita e di controllarne l’inflazione che potrebbe derivare da una fornitura illimitata.
Venerdì 1° aprile è stata toccata la barriera dei 19 milioni Bitcoin estratti: ne rimangono quindi soltanto 2 milioni.
2) Entrambi hanno anche una domanda crescente, che sarà meno derivante da fattori esogeni e sempre di più dalla presunta funzione di “bene rifugio” derivante dalla scarsità dell’asset.
Allora perché il Bitcoin non ha ancora preso il posto dell’oro?
Per dare una risposta dobbiamo osservare i punti di divergenza e dare uno sguardo alla storia di entrambi.
Dalla nascita del Bitcoin possiamo notare un andamento che sia a livello di performance, che a livello di volatilità poco hanno a che fare con quelle di un bene rifugio.
Il suo andamento è ancora troppo influenzato da fattori esterni:
- Manca ancora di una regolamentazione;
- Gli investitori sono spesso soggetti a frodi legati alle modalità di custodia dell’asset.
- Basta un tweet di un personaggio pubblico per muovere le quotazioni (al rialzo o al ribasso) anche del 10/20%.
Con le premesse su indicate, andiamo ora vedere come si sono comportate le due asset class oggetto dei nostri confronti nei recenti drawdown dei mercati azionari mondiali.
Nel primo grafico vediamo l’andamento dei tre asset da inizio 2022. L’indice MSCI World (linea verde), rappresentativo delle borse mondiali, tocca il minimo il giorno 7 marzo, quando segnava una perdita da inizio anno del – 13,01%. In quella stessa giornata il Bitcoin (linea rossa) metteva a segno una performance da inizio anno simile a quella delle borse mondiali e pari esattamente a – 20,05%. Al contrario invece l’oro nella stessa giornata (linea blu) confermava la sua natura di “bene rifugio”, raggiungendo il suo picco massimo da inizio anno con una performance del + 9,25%.
Riguardo il Bitcoin da notare inoltre che il suo andamento è più in linea con quello degli asset rischiosi e, a conferma di come le notizie ne influenzano l’andamento, raggiunge il massimo dell’anno il giorno 28 marzo, in concomitanza con l’annuncio di Putin che la Russia accetterà pagamenti delle merci in criptovalute.
Concludendo possiamo quindi affermare che la tecnologia del Bitcoin è senz’altro innovativa, ma eviterei qualsiasi confronto con i beni rifugio. Per la totale assenza di regolamentazione e per la volatilità particolarmente elevata il Bitcoin, così come le altre criptovalute, non solo non può essere considerato un bene rifugio, ma rappresenta un investimento particolarmente speculativo che come tale può generare performance o perdite particolarmente elevate.