Cosa sono le terre rare?
Sono un gruppo di 17 elementi che fanno parte della categoria dei metalli. Definite con l’acronimo REE (Rare Earth Elements) essi sono: Scandio, Ittrio e i 15 lantanoidi Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Promezio, Samario, Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio e Lutezio.
Quanto sono “rare” le terre rare?
La terminologia di terre rare non deve indurre a pensare che in natura non ci siano sufficienti quantità da estrarre. Non è questo il caso, anzi alcuni metalli sono disponibili in abbondanti quantità. Il nome terre rare deriva principalmente perché all’inizio era abbastanza inusuale parlare di questi 17 elementi. Inoltre, i depositi sono concentrati in particolar modo in alcuni paesi in tutto il mondo, ponendo sfide sia politiche che di catena di approvvigionamento. Anche l’estrazione e la lavorazione dei metalli delle terre rare è un processo tecnicamente abbastanza difficile.
Perché investire in questo settore?
Il tema terre rare non è sicuramente quello più caldo sui mercati finanziari, ma sta prendendo sempre più piede nell’economia post pandemia. Le terre rare infatti stanno sempre più diventando metalli straordinariamente importanti nella produzione di svariati elementi indispensabili nel settore tecnologico, così come nella produzione di impianti fotovoltaici, batterie ricaricabili, turbine eoliche e di svariati altri prodotti. Sono inoltre indispensabili nella produzione di sofisticate tecnologie nell’ambito della difesa militare e nel settore aereospaziale.
Quali prospettive e perché?
I settori in cui le terre rare sono di vitale importanza sono interessati da megatrend di crescita di lungo periodo: energie rinnovabili, vetture elettriche, green technology, semiconduttori ecc sono tutti temi che probabilmente dureranno ancora per molti anni. E le prospettive per il settore potrebbero essere ancora migliori, qualora il processo di estrazione delle terre rare rispettasse maggiormente i parametri di sostenibilità. Sono infatti diverse le accuse alle aziende mining di produrre nella fase di estrazione elevati livelli di inquinamento, nonché di esporre i lavoratori a seri rischi di contrarre malattie letali. Una ricerca ha addirittura riscontrato che i costi ambientali dell’estrazione di metalli rari in Cina supera i corrispondenti benefici, in particolar modo a causa delle miniere illegali.
Come investire in questo settore e con quali strumenti?
Gli investitori particolarmente propensi al rischio possono approcciare questo mercato investendo nelle singole azioni delle aziende attive globalmente nel settore delle terre rare o più specificatamente solo su alcuni degli elementi che lo compongono. Al rischio settoriale c’è da tenere conto anche del rischio geo-politico. Il più grande possessore delle riserve mondiali (oltre 1/3) è infatti la Cina (e cinesi sono le principali società quotate, seguite da Australia e Canada), che potrebbe limitare l’esportazione di terre rare proprio come arma di difesa e ricatto nei confronti dei paesi occidentali, USA in testa. Per i risparmiatori meno propensi al rischio, ma comunque desiderosi di investire nelle terre rare è opportuno farlo attraverso un etf in modo da comprare tutto il settore.
Quanta parte dovrebbe essere allocata in questi strumenti in un portafoglio di soggetto con media propensione al rischio?
Premettendo che una asset allocation va sempre costruita in base al profilo di rischio (con particolare focus sulla capacità di sopportare le perdite), all’orizzonte temporale e agli obiettivi d’investimento del risparmiatore e considerando che il settore è senza ombra di dubbio promettente, ma la volatilità è molto alta, fatta 100 l’esposizione azionaria, suggerirei di non oltrepassare il 4/5%. Per ridurre il rischio timing dell’investimento, definito l’importo da investire, si potrebbe procedere anche con l’acquisto dello strumento in quote di pari importo in 6/12 mesi.