Le compagnie assicurative italiane sono a rischio solvibilità?
È il tema che ho affrontato per il mensile We Wealth insieme ad autorevoli esperti del settore. Come riportato nell’articolo, è indubbio che anche i rendimenti delle gestioni separate sono destinati a scendere dal momento che i titoli in scadenza (con rendimenti ancora ottimi) devono essere sostituiti con titoli di nuova emissione e rendimenti appena positivi.
È però altrettanto vero che per prevenire scenari futuri avversi, la stragrande maggioranza delle compagnie di assicurazione italiane ha agito da tempo con azioni via via sempre più incisive, mano a mano che i tassi continuavano a scendere:
• Dapprima con una riduzione dei rendimenti minimi garantiti (erano al 4% negli anni 90) fino ad arrivare allo zero;
• Proseguendo con un capitale garantito solo a scadenza e non più in qualsiasi momento della vita della polizza.
• Fino a non accettare più da tempo nuove sottoscrizioni nelle polizze in oggetto, proprio per evitare un effetto diluizione dei rendimenti e poter mantenere fede alle garanzie prestate senza avere impatti negativi in bilancio.
Inoltre, i sistemi di controllo delle autorità di vigilanza sono molto stringenti e i bilanci delle compagnie sono spesso sottoposti a stress test con scenari particolarmente avversi. I risultati, sia delle compagnie italiane che europee, sono molto incoraggianti.
Cosa deve fare quindi il risparmiatore che ha investito in queste polizze?
Vale sempre la regola della diversificazione:
• Se la percentuale investita in gestioni separate è solo una parte di una asset allocation condivisa e costruita (oltre che sottoposta a “manutenzione” annuale) con il proprio consulente finanziario in base ai propri obiettivi di investimento, non vedo particolari criticità;
• qualora invece si fosse investito la stragrande maggioranza dei propri asset su strumenti simili è opportuno fare un check up con un consulente finanziario per costruire un portafoglio maggiormente diversificato al riparo dal rischio di concentrazione.