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Le gestioni separate offerte dalle compagnie di assicurazione possono essere un buon investimento?

Le compagnie di assicurazione, oltre alle classiche polizze per coprirsi dal puro rischio (infortunio, malattia, decesso ecc), offrono anche dei prodotti che possono essere considerati a tutti gli effetti degli investimenti.

Tra questi, la preferenza degli investitori italiani è sempre andata a favore delle polizze che investono nelle cosidette gestioni separate o ramo 1. Il motivo principale sta nel fatto che questo tipo di polizza garantisce di anno in anno il capitale investito, maggiorato dalla rivalutazione annuale. L’investitore in questo caso preferisce la protezione del capitale e un rendimento minimo pur di non dover affrontare le acque agitate dei mercati finanziari con le tipiche oscillazioni: quella che in gergo tecnico si chiama volatilità.

Si tende a preferire il “poco, ma sicuro” al probabile, ma non garantito, maggiore rendimento offerto dai mercati azionari globali nel corso del lungo termine.

Negli anni passati, caratterizzati da tassi sempre in discesa, le gestioni separate hanno dimostrato di saper conseguire ritorni interessanti rispetto all’inflazione e ai BTP. I rendimenti su indicati, pur decurtati dai costi di gestione che ammontano mediamente tra 1% e 1,8%, sono rimasti abbastanza allineati ai tassi offerti dai BTP.

Perché i rendimenti delle gestioni separate sono sempre molto costanti?

La bassa volatilità dei rendimenti delle gestioni separate è legata al particolare metodo di calcolo della performance. Al contrario di tutti gli altri strumenti finanziari, come potrebbero essere una gestione patrimoniale o un fondo comune di investimento, dove le performance sono calcolate tenendo in considerazione l’ultimo prezzo di mercato disponibile degli attivi finanziari in portafoglio, nelle gestioni separata i titoli vengono sempre contabilizzati al costo storico. La performance deriva quindi dai flussi cedolari e dai dividendi incassati dalla gestione oltre che dalle plusvalenze e minusvalenze “realizzate” nel corso dell’anno. Per “realizzate” si intende che il titolo deve essere effettivamente venduto per poter generare una plusvalenza o minusvalenza, che concorrerà a formare la performance dell’anno in questione.

Qual è stato il “game changer” che potrebbe rendere meno appetibili le gestioni separate?

Come si vede dal grafico precedente, fino all’inizio dell’anno in corso, i tassi sui btp sono stati in continuo calo, ma la situazione è cambiata proprio da inizio anno. Il rendimento del BTP decennale è infatti passato in pochi mesi dal 1,16% all’attuale 3,88% toccando anche punte vicino al 5% qualche settimana fa.

Si muoveranno al rialzo anche i rendimenti delle gestioni separate?

Se il livello dei tassi attuali dovesse persistere per diversi mesi è molto probabile che anche le gestioni separate invertiranno la rotta, rivedendo una crescita dei rendimenti. E’ verosimile però che servano diversi mesi prima che ciò possa accadere. Questo perché c’è bisogno di tempo affinchè i titoli di stato in portafoglio, che generano rendimenti più bassi, giungano a scadenza e vengano acquistati i nuovi titoli di stato con rendimenti più allettanti. Una mano per accellerare tale processo possano darlo i nuovi flussi di raccolta provenienti dai sottoscrittori ed è questo il motivo per cui le compagnie di assicurazione si sono premurate di riaprire le sottoscrizioni delle vecchie gestioni separate per consentire l’arrivo di nuove sottoscrizioni.

Quali potrebbero essere le alternative?

Come scrivevo prima, nel corso dell’anno c’è stato un rapido e consistente aumento dei tassi di interesse di tutti gli strumenti obbligazionari. Rendimenti del 4/5%, che fino a pochi mesi sembravano lontanissimi dalla realtà, sono invece rapidamente tornati di estrema attualità. Con il supporto del proprio consulente finanziario si può costruire un portafoglio in linea con l’orizzonte temporale dell’investitore, ben diversificato in quanto a numeri di emittenti, privilegiando i titoli di stato (non solo italiani) in quanto soggetti a tassazione ridotta (12,5% invece di 26%) e altri strumenti obbligazionari con rating investment grade (è così che si definiscono gli emittenti più “sicuri” e con basse probabilità di default).

In questo caso che tipi di rendimenti si riescono a spuntare?

Un ipotetico portafoglio con le caratteristiche su indicate, con una duration di 3 anni e con un approccio buy&hold (compro e tengo fino a scadenza), offre un rendimento effettivo lordo a scadenza del 3,70%. Performance migliori si possono ottenere allungando la scadenza media del portafoglio.

E’ quindi arrivato il momento di “rottamare” le gestioni separate?

Se la finalità per cui sono state sottoscritte è esclusivamente quella di conseguire un rendimento minimo con bassissimi rischi, non ho alcun dubbio nel rispondere che si può procedere alla rottamazione a favore di portafogli obbligazionari costruiti su misura. Diverso è il discorso se si è fatto ricorso alle polizze vita perché godono di impignorabilità e insequestrabilità o per non essere soggette a tasse di successioni. Così pure qualora si fosse utilizzata la polizza per pianificare un passaggio generazionale degli attivi investiti.

E come la mettiamo con il possibile rischio default di un emittente?

E’ senz’altro un rischio da tenere in considerazione ed è per questo motivo che è bene privilegiare titoli di stato ed obbligazioni dal rating elevato. Ricordo, inoltre, come i titoli di stato e la stragrande maggioranza di obbligazioni quotate sul mercato, hanno tagli minimi di soli 1000 euro, per cui non esiste alcun elemento ostativo ad inserire in portafoglio un congruo numero di emittenti, che minimizzi gli effetti di un eventuale default. E’ comunque da considerare che anche le gestioni separate non sono al riparo dai possibili default dei titoli obbligazionari sottostanti.

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